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Sito informativo del dr. M. Forzanini

Specialista in Angiologia e  Chirurgia Vascolare

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LA PATOLOGIA VARICOSA DEGLI ARTI INFERIORI

 

A cura del Dr. Mario Forzanini

Specialista in Chirurgia Vascolare

 

quartiere Primo Maggio 183

25126 Brescia -  tel  030 – 3757707

 

 

Le varici si definiscono come dilatazioni permanenti della parete delle vene e colpiscono essenzialmente gli arti inferiori. Sono possibili altre localizzazioni (emorroidi, setto nasale, esofago…) ma nel linguaggio comune si intende una malattia che colpisce le gambe, con la formazione di evidenti gavoccioli dilatati e ricurvi che deturpano l’estetica, oltre a dare disturbi e comportare rischi.

Le varici non vanno confuse con le teleangectasie”, sostanzialmente dei capillari dilatati, che sono un aspetto di alterazioni del microcircolo ( cellulite ) e comportano essenzialmente un danno estetico, raramente sede di complicazioni. Spesso, ma non sempre, le varie patologie possono coesistere nello stesso paziente.

 

Il termine “varice” deriva dal latino varus, che significa ricurvo, piegato.

 

Ne è colpito in gran parte il sesso femminile, per una questione ormonale e costituzionale legata agli estrogeni; il numero di gravidanze, l’uso degli anticoncezionali orali, la ritenzione idrica e il sovrappeso contribuiscono alla formazione delle varici.

La familiarità, il  tipo di lavoro (commessa, fornaia, parrucchiera…), la stipsi cronica e la postura alterata sono altri fattori di base che ne favoriscono l’insorgenza.

Anche gli uomini sono colpiti, in misura minore, con un rapporto maschi/femmine di circa 1 : 4, ma i disturbi sono minori e spesso la terapia nei maschi avviene quando sono in atto le complicanze, anche per una loro minore attenzione all’aspetto estetico.

Ne sono affetti uno o entrambi gli arti, con un meccanismo patogenetico non ancora totalmente chiarito, ma sicuramente legato ad aspetti locali costituzionali (numero e sede di valvole per esempio).

 

         Le vene diventano varicose per una alterazione della loro parete, che comporta alcune variazioni nella funzione delle valvole, strutture in grado, in condizioni normali, di orientare il flusso solo nella direzione del cuore (dal basso in alto) e verso il circolo profondo. In sede di alterazioni valvolari il flusso nelle vene si inverte, causando una progressiva dilatazione e stasi che si ripercuotono progressivamente sulle strutture a valle. Da qui l’edema, responsabile della gran parte dei sintomi e delle complicazioni, con alterazioni che coinvolgono il  microcircolo cutaneo delle zone più declivi. Si assiste a progressiva dilatazione dei capillari intorno alla caviglia, a continui e ripetuti microstravasi ematici che portano ad alterazioni cromatiche (dermatite ocra), fino a vere e proprie difficoltà di irrorazione microcircolatoria, responsabili alla fine anche di dermatite e di ulcerazioni della cute. La stasi all’interno delle vene è anche responsabile della facilità con cui il sangue tende a coagulare (flebiti e trombosi). Il sangue che scorre ‘al contrario’ (reflusso) è inoltre fonte di sovraccarico del circolo profondo. Facendo un paragone è come se, in una canoa, tutti i vogatori remassero in una direzione (vene sane) e uno remasse al contrario (varici). Viene spontanea quindi la necessità di eliminare le sedi del reflusso per garantire un buon flusso nelle vene sane.

 

I sintomi che derivano dalle varici sono comuni e di frequente riscontro: senso di pesantezza e gonfiore delle gambe, edema dei piedi e caviglie, formicolio, bruciori, crampi, prurito e, non ultimo, il disagio estetico. Spesso le donne con varici evitano di portare gonne o di mettersi in costume, talora con disagio psicologico.

 

Ma sono le complicazioni il vero motivo per cui le varici devono essere trattate: le flebiti, le trombosi, le embolie polmonari, le emorragie, le infezioni, l’eczema da stasi e  le ulcere alle gambe portano non solo ad un aggravarsi dei sintomi, ma soprattutto a dei rischi che non vale la pena di correre.

 

La diagnosi è molto semplice; una buona visita specialistica è da sola in grado di stabilire quale grado le varici abbiano raggiunto e quale rischio comporta tenerle.

E’ sempre buona norma completare la visita con un esame diagnostico assolutamente indolore ed innocuo, l’ecocolordoppler, che serve ad escludere complicazioni maggiori a carico delle vene profonde (trombosi soprattutto) e a stabilire quale approccio terapeutico è meglio usare tra quelli a disposizione. Con questa metodica è infatti possibile valutare con precisione e affidabilità alcune caratteristiche morfologiche (diametro, profondità, sede) e funzionali (entità, sede, lunghezza dei reflussi), in grado di influenzare la scelta del metodo migliore di trattamento.

 

Una volta fatta la diagnosi è oggi possibile trattare le varici con rischi percentualmente molto bassi, variabili a seconda del tipo di trattamento. Attualmente è sicuramente più rischioso tenere le varici che trattarle.

 

La chirurgia, soprattutto quella mini-invasiva, trova indicazione quando i principali assi venosi (le safene) sono alterati; si va dal classico stripping totale, allo stripping corto, alle metodiche di legatura selettiva (c.h.i.v.a.), al laser endovascolare, alla ‘colla’ (cianocrilato). L’anestesia è generalmente periferica, o addirittura locale, e il risultato estetico è spesso ottimale. Abbiamo infatti a disposizione tecniche e materiali molto innovativi, in grado di ridurre al minimo gli esiti cicatriziali e l’invasività. Ogni trattamento va necessariamente  preceduto da un attento mappaggio ecodoppler, in modo da limitare l’intervento ai soli distretti alterati, senza eliminare vene ancora funzionalmente valide. La chirurgia miniinvasiva con esigenza estetica (microflebectomia) trova indicazione nelle varici extrasafeniche. Attraverso incisioni millimetriche in anestesia locale si asportano varici anche particolarmente dilatate, senza alcuni rischi propri di altre metodiche. Per tutta la chirurgia la dimissione avviene dopo poche ore dall’intervento, al massimo con una notte di osservazione clinica.

 

La scleroterapia  trova indicazione quando le safene sono ancora sane (varici extrasafeniche), in alcuni casi di varici safeniche con determinate caratteristiche di reflusso e valvole coinvolte, o quando le safene sono state precedentemente asportate (varici recidive). Non si tratta di un intervento chirurgico ma di iniezioni nelle vene che le fanno ‘riassorbire’ trasformandole in condotti chiusi. La scleroterapia è utile soprattutto nel trattamento dei capillari. Tra le sostanze utilizzabili, disponiamo di farmaci in forma liquida o schiumosa. La schiuma sclerosante, oltre ad essere più efficace, presenta il vantaggio di essere visibile in ecografia e permette pertanto un trattamento elettivo fino alle zone anche clinicamente non visibili e  sedi del reflusso. La scleroterapia è un trattamento quasi indolore e ambulatoriale, non necessita di anestesia e presenta poche controindicazioni.

La sclerosi eco-guidata con schiuma sclerosante rappresenta la più valida forma di terapia per i reflussi e le varici recidive post-chirurgiche, in cui una ulteriore chirurgia, in sede di pregresse cicatrici, soprattutto inguinali, rappresenta un intervento indaginoso, lungo e talora anche rischioso.

 

Il laser e la radiofrequenza e di recente la colla sclerosante  sono ottime metodiche alternative alla chirurgia e trovano specifiche applicazioni; si trattano con il laser transdermico i capillari più piccoli, fini e resistenti alla scleroterapia. Nelle varici safeniche e nelle varici recidive il laser endovascolare, la colla o la radiofrequenza sono una alternativa valida con alcune limitazioni dipendenti dal calibro, dalla distanza dal piano cutaneo, dalle sedi del reflusso, dal grado e dal tipo  di coinvolgimento valvolare e da altre variabili cliniche ed ecografiche. Non tutte le varici si possono infatti trattare con queste metodiche, che hanno anche dei costi economici aggiuntivi non indifferenti. Sicuramente hanno una loro validità anche estetica in quanto non prevedono alcuna cicatrice.

 

Calze elastiche e farmaci sono terapie utili nel trattamento dei disturbi, ma non eliminano le cause e le complicazioni.

Un plantare è utile a ridurre l’edema, specie nei casi in cui si associano difetti di pompa muscolare.

 

 

La metodica migliore deriva dalla combinazione delle tecniche, chirurgiche e non, anche in tempi e modi diversi. Solo usando tutti i metodi a disposizione è possibile risolvere la malattia varicosa, senza dimenticare però che la patologia, espressione di una debolezza intrinseca di parete,  è cronica e necessita di controlli nel tempo, soprattutto quando coesistono anche problematiche del circolo profondo o quando si sono già instaurate complicazioni. Una domanda molto frequente da parte dei pazienti, relativa alla possibilità del ritorno delle varici, va valutata singolarmente da caso a caso, in base al grado di compromissione valvolare, alla condizione del circolo profondo, alle problematiche costituzionali e posturali, ai concomitanti fattori di rischio, dopo una corretta valutazione clinica e un attento e mirato esame ecodoppler.

 

 

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